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Sauro BORELLI- La comicità assoluta (torna, restaurato, “Le vacanze di Monsieur Hulot”)

 

Il mestiere del critico

 


LA COMICITA’ ASSOLUTA

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“Le vacanze di Monsieur Hulot” di Jacques Tati (“picaro alieno” del cinema umoristico)

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Riproporre oggi, a oltre sessant’anni dalla sua prima sortita, un film come Le vacanze di Monsieur Hulot di Jacques Tati (1909-1982) è un azzardo destinato a suscitare i più variabili riscontri critici. Non perché tale pellicola sia da considerare o troppo datata o troppo eccentrica come risulta dall’input personalissimo da cui prende le mosse. Ma piuttosto per l’unicum che essa si dimostra per inedita concezione ideativa e, ancor più, per l’attitudine rarefatta (e insieme acutissima) di una suggestione comica insospettata, insospettabile.

Questi dati particolari relativi alla forma, alla sostanza che stanno alla base delle Vacanze di Monsieur Hulot si spiegano, almeno in parte, con la versatile personalità di Jacques Tati, indefinibile cineasta di origine russa (il suo nome vero suona Tatisceheff) che, poco più che trentenne, prese a bazzicare l’ambiente del cinema – in ispecie quale collaboratore di René Clément e Claude Autant-Lara – , dopo una giovinezza spesa nella pratica di diversi sport (rugby, tennis, ippica, ecc.). Nel 1949, poi, venne sorprendentemente allo scoperto con la sua felice “opera prima” Giorno di festa favola in dimensione incentrata su un indocile postino determinato a condizionare (anche involontariamente) le vicende a metà farsesche, a metà comiche di un paesetto fuori mano in procinto di celebrare un’occasione di divertimento.

Ma torniamo al secondo film di Tati, Le vacanze di Monsieur Hulot: qui, rifacendosi alle sue più intrecciate esperienze degli anni Trenta – salutate persino dalla grande Colette con parole esaltate quali: “Credo che ormai nessuna festa, nessuno spettacolo d’arte e d’acrobazia potrà fare a meno di questo stupefacente artista, che ha inventato qualcosa che partecipa della danza, dello sport, della satira e del quadro vivente…” – dà dimensione e definita caratterizzazione al nuovo, bizzarro personaggio, appunto, Monsieur Hulot, un outsider fuori di ogni catalogazione sociologica sbucato chissà da dove e chissà come dalle sconnessure di una precaria modernità e deputato, sembrerebbe, a smontare certezze patetiche e presunzioni fasulle di una convivenza pretenziosa e miseramente inconsistente.

Dunque, l’intrico – poiché di traccia narrativa non è il caso di parlare – de Le vacanze di Monsieur Hulot, un lungometraggio giocato in uno spurio bianco e nero, si basa sostanzialmente sui “casi” (forse questo è il termine giusto) appunto del signor Hulot, un tanghero abbigliato come uno stazzonato tipo fuori moda (soprabito svolazzante, pantaloni a mezz’asta, cappelluccio instabile, inseparabile ombrello) che viaggia sulla sua macchinetta alla volta di un villaggio vacanze.

Siamo nel pieno dell’esodo estivo e dovunque una folla di villeggianti viaggia per raggiungere le rispettive mete. Hulot, tra questi, arriva anch’egli avventurosamente alla destinazione prefissata. E qui, dalla locanda dove alloggia ai vari posti animati da commiserevoli “tipi da spiaggia”, l’incombente Hulot si produce in gaffes e piccoli disastri a ogni pie’ sospinto, suscitando attorno reazioni stizzite, a volte tolleranti in un girotondo irresistibile o mestamente rovinoso.

Così tra la spiaggia, la piazza, la locanda si sublimano le movimentate, rovinose vacanze di Hulot, provocatore e vittima di una impossibile stagione nel folto dell’assurdo e della comicità più sfrenata sebbene fiorita senza alcun gesto né forzatura convenzionale, ma proprio in ragione della contraddizione plateale delle cose contingenti, quotidiane. Così com’è comparso proveniente dal mondo paradossale, Monsieur Hulot, come si dice, se ne va per la tangente, lasciando a noi tutti la gratificazione di una comicità senz’altri termini assoluta, incondizionata.

Molti in passato e molti tutt’oggi tengono in conto Jacques Tati di un autore di grande estro e di sottile intelligenza, ma tra le sue eccelse cose (da Giorno di festa a Hulot, da Playtime a Mio zio) puntano privilegiatamente su Le vacanze di Monsieur Hulot giusto per il fatto che il suo protagonista si dispone sullo schermo come un picaro alieno buono a tutto e capace di niente. Soltanto armato di un inesorabile sorriso, venato persino di qualche tenera malinconia.