Il mestiere del critico
IL NAZISMO QUOTIDIANO
“Lo Stato contro Fritz Bauer” di Lars Kraume
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È recente la sortita sui nostri schermi del film di Giulio Ricciarelli (cineasta italo-tedesco all’esordio nel lungometraggio) Il labirinto del silenzio, appassionata testimonianza sul torpido e torbido scetticismo con cui fino a tutti gli anni Cinquanta-Sessanta l’opinione pubblica tedesca reagì alla pur pressante, ineludibile storia dell’abiezione nazista, dei disastri della guerra, dell’Olocausto. Opera di rigorosa dimensione (quasi) documentaria, Il labirinto del silenzio destò nella stessa Germania, a settant’anni dagli eventi del passato, un impatto largamente positivo, evidente risultato di una ormai acquisita presa di coscienza di quei fatti imperdonabili.
Ora, a breve distanza dalla sortita del film di Ricciarelli, approdano, tra le novità di questo scorcio di stagione, altri due film incentrati sul periodo successivo alla fine della guerra e, in ispecie, su vicende, personaggi legati al nazismo e ancora ai suoi desolanti effetti in epoca ravvicinata. Il primo di questi medesimi film è appunto Lo Stato contro Fritz Bauer diretto da Lars Kraume (singolarmente nato anch’egli in Italia) e dedicato alla figura e all’azione di un coraggioso procuratore generale che nei declinanti anni Cinquanta intraprese una vigorosa quanto contrastata iniziativa di denuncia (il nazismo era ancora un veleno endemico nella società tedesca del tempo) nell’intento di processare e, se del caso, perseguire i molti criminali occulti o palesi infiltrati nella vita quotidiana di amministrazioni pubbliche e private.
Interpretato da un attempato attore di sapiente mestiere, Burghar Klaussner, qui si racconta con dovizia di dettagli tutti desunti dalla realtà la fisionomia pubblica e massimamente privata del menzionato procuratore. Già perseguitato dai nazisti prima della guerra perché di origine ebraica, fortunosamente uscito indenne dal campo di concentramento, fuggito poi in Danimarca, si trovò dopo la fine del conflitto ripristinato nel ruolo di magistrato. In tale posizione, divenuto procuratore generale, si diede a indagare strenuamente per assicurare alla giustizia i criminali ancora operanti sotto mentite spoglie. Nel 1962 riuscì infatti a mandare in porto il primo processo contro gerarchi e militari nazisti colpevoli di violenze e massacri inauditi.
Di lì, la massa amorfa, ma ancora potente di revanscisti e nostalgici del nazismo, mosse guerra a questo Don Chisciotte di nuova specie imputandogli di volta in volta colpe privatissime (la sua presunta omosessualità) e pubbliche (l’improbabile reato di tradimento per avere aiutato il servizio segreto israeliano, il Mossad, nella cattura del criminale Adolf Eichmann), visto che la sua idea originaria, poi frustrata dal dispotico Konrad Adenauer, era stata quella di processare lo stesso criminale sul suolo tedesco.
Il film di Lars Kraume ripercorre tutte queste vicende con lineare forbitezza formale dando adeguato rilievo alla figura di magistrato probo, indomito che, al di là di ogni intimidazione e boicottaggio, seppe (volle) prima di tutto ristabilire i valori di una giusta individuazione dei guasti, delle conseguenze terribili non solo del nazismo imperante, ma ancor più dell’inquinamento morale, civile del secondo dopoguerra in Germani ed ovunque.
Il secondo film di questo stesso periodo, Lui è tornato, di David Wendt, si rifà alla lontana alla temibile incombenza di un redivivo Hitler per cavarne un canovaccio tra il sarcastico e il derisorio di un improbabile revisione di tanti e tali eventi dolorosi. L’intento e l’esito di simile rivisitazione si possono riassumere in una pessimistica visione della realtà, ieri come oggi esposta ai colpi del cinismo, della disumanità. Ovvero, l’insinuarsi, sempre e comunque insidioso, del nazismo quotidiano.