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Sauro BORELLI- La vita a perdifiato (“Veloce come il vento”, un film di Matteo Rovere)

 

Il mestiere del critico

 


LA VITA A PERDIFIATO

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“Veloce come il vento” di Matteo Rovere

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Matteo Rovere, poco oltre i trent’anni, ha già al suo attivo tre film come regista e parecchie altre cose come produttore (compresa la tv). Ora, con questo suo nuovo Veloce come il vento – realizzato per la Fandango – si impone di slancio con una storia precipitosa mutuata da personaggi e vicende reali (come l’ex pilota Carlo Capone, nel 1984 vincitore del campionato europeo rally di categoria G.T.) e immersa nel clima terragno, appassionato delle saghe picaresche del culto dei motori proliferante in Emilia Romagna. Misura e sviluppo delle figure, delle esperienze qui evocate risulta, nell’immediato, l’impatto spettacolare tutto improntato al parossismo e alla desolazione dei luoghi, dei modi di un’esistenza quasi sempre allo sbando.

In particolare qui si raccontano le vicissitudini della provincia fonda ove gli eventi, le esperienze quotidiane si colorano presto di riverberi squallidi e di una successione di fatti, di misfatti sempre ai margini della patologia, anzi tesi a ribadire esasperatamente l’abiezione di un ordito contingente quale controcanto di giorni e giorni vuoti, sterili. Dunque, Giulia e il fratellino Nico, sopravvissuti alla morte per infarto del padre, si ritrovano in una casa fatiscente alle prese con debiti e scarse possibilità di tirare avanti, del tutto esposti alle ingiurie della realtà. Per giunta, di lì a poco si rifà vivo, dopo anni di lontananza, il fratello maggiore Loris, tossicodipendente e fisicamente rovinato. L’idea è di convivere con i fratelli senza alcun proposito di cambiare le sue deplorevoli abitudini: la droga e l’alcol.

La giovane Giulia benché sprovvista di essenziali esperienze, si dedica di tanto in tanto a corse in auto nella categoria rally G.T.   A questo proposito, il fratello Loris, già provetto pilota nella stessa categoria, fa e briga per indottrinare la ragazza, così da trasformarla davvero in una pilota esperta. La cosa prende via via corpo anche se nel frattempo gli stravizi, le intemperanze del collerico Loris seminano guai a non finire.

I tre fratelli, in definitiva, si trovano sempre più vulnerabili ai colpi della cattiva sorte. Fino alla temporanea dissoluzione anche del simulacro di famiglia che erano riusciti a mettere in piedi malamente: Loris cacciato di casa con l’amica (anche lei tossicodipendente), il piccolo Nico dato in affidamento a persone solidali, la volenterosa Giulia ridotta in solitudine e all’indigenza da tanto e tale disastro.

Ad un dato momento peraltro quando tutto è franato, frantumato dopo la dissolutezza, il dispendio di ogni energia da parte dell’incostante Loris, sopravviene un’ultima occasione. Recuperata la vecchia vettura da corsa, lo stesso dissennato Loris si imbarca nell’ardua conquista del campionato europeo rally G.T. e l’ambiziosa trovata quasi va in porto, senonché nella gara finale tutto si infrange contro un muro. Fine della storia? Non proprio, dopo mesi di acquietato torpore, l’epilogo di Veloce come il vento sbocca in un ritrovato clima di semplicità, di speranza: Loris, Giulia e Nico si ricongiungono affettuosamente. Non è la soluzione dei loro guai, è puramente il ripristino della vita, dei sentimenti nativi che, pur se a tempo determinato, inducono a guardare al futuro con più rasserenato senso del campare i propri giorni.

C’è in questo nuovo film di Matteo Rovere un pregio in più della vicenda nuda e cruda ed è dato dall’intensità, dalla verità con cui Stefano Accorsi (Loris De Martino), Matilde De Angelis (Giulia) e l’anziano ed esperto Paolo Graziosi (il meccanico amico) incarnano i rispettivi personaggi, oltretutto raffigurati in sembianze estreme e dislocati in un contesto ambientale-psicologico tipico della più ruvida provincia romagnola. Insomma una storia cadenzata con irruenta dedizione sull’aspetto positivo e meno di un mondo piccolo, tribolato. Ovvero l’avventura di una corsa a perdifiato verso la sopravvivenza, se non proprio verso la compiutezza della vita.