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Agata MOTTA- L’importanza di chiamarsi Kean (Lollo Franco al Teatro Biondo, Palermo)

 

Il mestiere del critico



L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI KEAN

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In una ‘prima’ nazionale di “Passione e seduzione” al Teatro Biondo di Palermo- Protagonista Lollo Franco

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“Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni”: sono queste le parole cui Kean affida il suo testamento spirituale, sono le parole dell’amato Shakespeare e di un’opera in particolare, La tempesta, che alla fine l’attore non porterà sulla scena per sfida e soprattutto per paura, proprio quella paura della quale spesso si nutrono i più grandi interpreti, quelli che sembrano divorare il mondo dal palcoscenico e che nell’angusto spazio del proprio camerino annegano nei dubbi e nel disperato amore per una vocazione dannata ma indispensabile come l’aria.

E’, dunque, il Kean più umbratile e sconfitto quello che Lollo Franco porta in prima nazionale al Biondo – come interprete, scenografo e come regista insieme con Jean Laurent Sasportes – nello spettacolo Kean – Passione e seduzione di Michele Perriera, amato autore scomparso da qualche anno che, nell’accostarsi al testo di Alexandre Dumas (poi rielaborato anche da Sartre), non ha rinunciato ad immettervi la propria personalissima cifra stilistica. Un primo elemento di fascino della grandiosa messa in scena – la produzione è del Biondo con la collaborazione del Teatro Massimo – scaturisce dai contrasti: anzitutto quello tra il titanismo e l’impotenza dolorosamente coesistenti nell’attore ottocentesco, incarnazione del genio e della sregolatezza, poi quella tra i toni dimessi e molto misurati scelti dal protagonista e la poderosa maestosità dell’allestimento; contrasti acuiti e resi quasi lancinanti dalle luci di Giuseppe Calabrò che animano ogni anfratto delle diverse volumetrie scenografiche, che nascondono più delle botole sapientemente usate per celare scandali e gentildonne, che svelano la magia di un chiaroscuro o di uno squarcio di luminosità caravaggesca.

La regia a quattro mani, non semplice in uno spettacolo così orchestrale, è il secondo elemento cui va tributato un plauso, perché il poderoso ingranaggio è diretto con una precisione cinematografica per i dettagli e un’ariosa visione d’insieme che indugia spesso in armoniosi quadri animati e che sfrutta espedienti narrativi e metaforici a fini figurativi (il ventaglio smarrito dalla donna amata viene replicato nelle mani delle altre dame, un reticolo di corde diventa una gabbia confezionata sulle parole e sulle illusioni) come se ciascuno avesse voluto imprimere le proprie specifiche competenze senza rinunciare però ad una condivisa fusione finale alla quale donano un decisivo apporto gli elaborati costumi di Dora Argento e le musiche originali, spesso soffio leggero in sottofondo, di Marco Betta.

Lollo Franco entra nel personaggio di Kean con dedizione (la stessa che probabilmente tributerebbe al “suo”autore se fosse ancora in vita) e propone un leone che ruggisce ancora ma si spegne nell’alcol, un geniale balordo che ama ancora ma non è più sicuro di essere riamato, un uomo che sprofonda nella sordida realtà delle bettole e delle risse ma che sa innalzare lo spirito sino a sconfinare nel sogno. Ama e odia, insomma, la sua arte e prima ancora se stesso. La parziale sconfitta esistenziale di Kean – che nella versione interpretativa di Franco diviene soprattutto riflessione sul teatro e sulla vita, sulle verità e sulle finzioni, sulle contraddizioni insite in ogni essere umano, sulla forza del sogno che sorregge sulle proprie spalle il peso insostenibile della realtà – esce, dunque, potenziata proprio dai contrasti cui si accennava e solo nei momenti in cui essi si allentano, come in certi snodi necessari allo sviluppo del plot, che sopraggiungono i momenti meno felici dello spettacolo.

Folto il gruppo di attori che affiancano il protagonista: Roberta Azzarone, Sarah Biacchi, Lorena Cacciatore, Loris De Luna, Luciano Falletta, Nicola Franco, Giuditta Perriera, Caterina Silva, Luigi Tabita, Salvo Tessitore e gli allievi Scuola di Teatro “Putia d’Arte Malvina Franco.