Script & Books

Sauro BORELLI- Un’avventura senza novità (“007 Specte”, un film di Sam Mendes)

 

Il mestiere del critico

 


UN’ AVVENTURA SENZA NOVITA’

007 Spectre

“007 Spectre”, il 24° James Bond, seconda regia di Sam Mendes

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Spectre, 24° film desunto da Ian Fleming e seconda regia di 007 firmata da Sam Mendes promette di essere – anche aldilà del battage che ne ha fatto un evento piuttosto incongruo – una grossa occasione mancata, non tanto, non solo per l’insipienza di una storia raffazzonata, poco originale, ma proprio per la pretenziosa imbastitura di trovate, di espedienti spettacolari eterogenei nell’insieme di una avventura divagante tra Messico, Austria, Londra, Tangeri e Roma.

L’avant-scène che apre il racconto di Spectre (prima dei titoli di testa) risulta in questo senso rivelatrice sia per il dispendio (abnorme) della realizzazione, sia per l’approssimata funzionalità di un simile enfatico incipit. Dunque: Città del Messico, già metropoli caotica per se sola, messa in confusione con una folla di comparse (1500) intente a congestionare lo scorcio rischioso di un elicottero acrobaticamente danzante sulle loro teste. Per di più, la scena, prolungata e concitatissima, si svolge nella circostanza più fracassona del “giorno dei morti” (che secondo la tradizione messicana sono, comunque, vivos), una ricorrenza per se stessa simbolicamente ambigua e di enigmatico senso.

Una scelta, questa, che lo stesso Mendes, facendo riferimento al suo precedente film con 007 ritiene di spiegare in questi termini: “Se l’apertura di Skyfall era un inseguimento piuttosto lineare in diverse location ad altissima velocità, qui abbiamo cercato di catapultare il pubblico dentro un’atmosfera incredibilmente potente e percettivamente contagiosa, dentro le architetture, i suoni, la luce, i colori e le persone di Città del Messico, durante la festa dei morti…”.

Certo, un proposito ambizioso quello di Mendes, pur se contraddetto platealmente da ciò che è l’essenza medesima dell’avventura – che come ha giustamente rilevato il filosofo e lo storico – “conserva intatto il suo valore positivo quando è un evento ideale e poetico contrapposto alla realtà e alla prosa di tutti i giorni… L’avventuriero (nel caso specifico l’incombente James Bond) si inganna, quando pretende che l’eccezione valga come norma. L’avventuriero è il professionista di una professione che non esiste …”.

Di qui anche le discutibili generalità, il profilo rigidamente meccanico con cui l’interprete attuale del personaggio in questione, Daniel Craig, identifica appunto il suo eroe-antieroe: “… In fondo è un bravo ragazzo il cui mestiere è di uccidere le persone. È questa la dicotomia che lo rende unico. È un personaggio nato per essere interessante sia quando Ian Fleming lo ha creato sia quando Sean Connery lo ha reinventato sullo schermo”. Eppoi, nell’arco dei 24 film in cui 007 si produce nelle sue imprese precipitose e cruente, c’è da assommare la sua indole prevaricatrice. Non a caso si è detto sul suo conto: “… Bond risulta un personaggio maschilista, arrogante, violento e misogino al punto di essere mortifero (quante Bond-girl, buone o cattive, fanno una tristissima fine?) veicola un’idea di spionaggio molto glamour (donne, Martini, hotel di lusso, infinita disponibilità di gadget) quindi del tutto falsa. Dai suoi film manca ogni idea di suspense”.

Ci sono anche in Spectre, le presenze avvenenti di figure femminili di seducente peso – Léa Seydoux e Monica Bellucci – come anche interpreti di collaudata esperienza, dallo stesso Craig a Ralph Fiennes e Chris Waltz, ma a conti fatti l’insieme non si salda (quasi mai) in una vicenda dalle plausibili coloriture drammatiche e tocca, al più, la superficiale attrattiva di un caravanserraglio fragoroso e di labile consistenza.