Per una pluralità di opinioni, che è sempre stata nostra linea editoriale (nessun titolo è appannaggio di….come accedeva nei giornali cartacei), e dopo il contributo di Caterina Barone, prosegue la ricognizione critica delle rappresentazioni prooste quest’anno dall’Inda al Teatro Greco di Siracusa
UN DESTINO DI SALE E DI MARE
Teatro Greco 51° Ciclo di Spettacoli Classici – “Ifigenia in Aulide” di Euripide. Regia di Federico Tiezzi
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Accolta da meritate ovazioni, l’accurata e ricca messa in scena dei “Ifigenia in Aulide”, a suo tempo non rappresentato, ben si incastona e riluce nella “ Trilogia del mare”, cosiddetta in quanto le protagoniste delle tre tragedie giungono dal mare, per andare incontro al loro destino.
Ifigenia, figlia di Agamennone, chiamata dal padre per celebrare il suo matrimonio con Achille, giunge in Aulide, accompagnata dalla madre Clitennestra, felice per le nozze imminenti. In realtà si tratta di un tranello che il padre ha ordito per attirarla in quei remoti lidi e sacrificarla, secondo la profezia del vate Calcante, affinché le navi greche, impedite a salpare per Troia da una bonaccia incombente, possano finalmente fare guerra e sconfiggere la patria di Paride, vendicando così il rapimento di Elena, moglie di Menelao, fratello di Agamennone.
Prima dell’arrivo della vergine ignara, Agamennone, in preda ad un conflitto insanabile tra sentimenti e ragion di Stato, pentito, ha cercato di mandare un contrordine, ma la lettera è intercettata da Menelao, che lo giudica nemico della patria e indegno fratello. Il burrascoso colloquio si è infine risolto con la disumana capitolazione di Agamennone, costretto ad accettare il sacrificio della figlia per salvare il suo potere e le sorti della Grecia.
L’abbraccio tra padre e figlia, ignara e trepidante, prepara l’immane tragedia. Agamennone ancora mente e va via.
L’arrivo di Achille, ignaro anch’egli delle nozze, svelerà il piano alle due donne e al furente condottiero. Egli giura che farà il possibile per salvare la vergine disperata, mentre l’algida Clitennestra, furibonda, aggiunge odio al rancore per il suo sposo crudele, rivelando qui le ragioni della sua futura vendetta. L’arrivo di Agamennone che conferma disperato ciò che sta per accadere segna una cesura nel dramma. Dopo un’esacerbata implorazione, ad un tratto le lacrime di Ifigenia cessano. La fanciulla tramuta la sua decisione in un’accettazione eroica, quasi fanatica, non scevra dagli echi che Ibsen infonde nella sua poeticaispirata alle Oresteadi. Andrà al sacrificio con dignità e fierezza. Colpo di scena: Il divino, assente fino a questo momento, suggellerà il finale, in una metamorfosi, in parte salvifica, ma che non restituirà Ifigenia al suo mondo.
Grande spettacolo per un grande tema, che si avvale dell’accurata traduzione di Giulio Guidorazzi. Di notevole effetto la scenografia di Paolo Bisleri, incisiva ed evocativa, con tre navi sullo sfondo della spiaggia ed effetti sorprendenti. Suggestivi i costumi del coro, di ispirazione indiana, e gli eleganti pepli dei protagonisti, realizzati da Giovanna Buzzi.
L’ambientazione dell’India come origine orgiastica e misterica di questo mito è la cifra classica che ha scelto il regista, Federico Tiezzi, (pur con velati cenni ad edizioni storiche precedenti, come l’ingresso di Ifigenia), per evitare una modernizzazione borghese, del resto poco praticabile, dato il contenuto, evidenziando quella “Linea d’ombra” che Conrad tracciava nei suoi romanzi tra l’indipendenza e la solitudine, superati i sensi di colpa della propria indegnità di essere umano.
Tutti applauditissimi i valenti interpreti, dal coro, all’Araldo ( Turi Moricca) al Vecchio ( Gianni Salvo), ad Agamennone ( Sebastiano Lo Monaco), a Menelao (Francesco Colella), ad Achille (Raffaele Esposito), alla efficace e raffinata Clitennestra ( Elena Ghiaurov), alla delicata e vibrante Ifigenia (Lucia Lavia).
Le musiche di Francesca Della Monica ed Ernani Maletta suggellano i passaggi salienti fino al solenne canto balcanico conclusivo.