Il mestiere del critico
COMUNQUE IN CAMMINO
Anteprime al Teatro Libero di Palermo- Elaborazioni drammaturgiche e coreutiche sul dramma della migrazione
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Come consueto il Teatro Libero apre il sipario sull’anteprima di stagione con due produzioni proprie proposte a settembre e a ottobre a costi promozionali.
Se consideriamo il dramma della migrazione come presenza costante nella Storia, come tragedia individuale che si trasforma in esperienza collettiva di ricerca di nuove identità, sarà possibile comprendere perché “…Comunque in cammino”, progetto e regia di Lia Chiappara ed Annamaria Guzzio (quest’ultima al suo esordio in regia dopo diverse esperienze di gestione laboratoriale), si nutre della tragedia classica per restituire quella contemporanea.
Attraverso Eschilo ed Euripide, dalla richiesta di ospitalità delle cinquanta Danaidi costrette a nozze forzate e quindi profughe per bisogno di autodeterminazione allo strazio materno di Ecuba, si giunge agli sbarchi della speranza che affollano il mare nostrum in un’incessante richiesta di aiuto e di attenzione, un filo lungo decine di secoli percorre vie solcate da un unico destino.
Le registe danno vita ad uno spettacolo di pure suggestioni visive e musicali – ancora una volta il teatro classico come fonte d’ispirazione e come preciso riferimento testuale – in un ritmo lento che racchiude nel movimento lo stupore e lo spaesamento, l’ansia e il dolore, l’attesa e la rivendicazione. In un viaggio di sola andata che non prevede possibili ritorni le voci si mescolano in una babele linguistica che disegna spazi geografici diversi accomunati da un unico destino di guerra e di fughe.
Con atteggiamenti e movenze da mimi, gli interpreti – Gianluca Beninati, Giada Costa, Michela D’Angelo, Mariangela Glorioso, Sara Ibrahim, Roberto Ippolito, Valeria Sala, Gianluca Zucca – offrono volti imbiancati perché non è il colore della pelle che determina il destino della migrazione, volti uniformi perché la disperazione è uguale in tutte le latitudini, così come è uguale il desiderio di trovare un’altra patria in qualsiasi terra in cui ci si possa sentire liberi e la voglia di abbandonarsi ad un altro abbraccio che non sia quello del mare.
In scena, valigie, scarpe spaiate, frammenti di cronache giornalistiche, piovuti dall’alto come luttuosi coriandoli, sono l’unico arredo solcato dalle luci spietate di Fiorenza Dado e Gianfranco Mancuso. Sullo sfondo, il video di Pietro Vaglica e le foto di Giuseppe Fiasconaro propongono il monito costante di volti e situazioni con le quali siamo ormai abituati a convivere, ma che non possono (non devono) lasciare indifferenti. Visi e occhi che incontriamo ogni giorno per le strade, subìti come abitudini quotidiane, consueti come elementi acquisiti di un nuovo paesaggio urbano, ma per i quali l’integrazione è ancora un obiettivo non raggiunto, una meta intravista che promette senza sempre mantenere.
Nato come progetto rivolto a giovani attori allievi del laboratorio permanente di formazione dell’attore del Libero, lo spettacolo propone una tematica attualissima e pertanto assai frequentata, ma si affida, e trova in essa i suoi momenti migliori, più che alle testimonianze (presenti in lingua originale con i sovratitoli) alla forza avvolgente di un movimento collettivo e sonoro che, come le onde infrante sulla battigia, scandisce un moto che è stato e che sarà.
L’essere umano, al di là degli esiti del suo perpetuo sognare, resta comunque in cammino.