Il mestiere del critico
CINQUE SERE A TEATRO
Da “Carmen” a “Finale di partita”- Il più grande? Eros Pagni che reinventa Eduardo
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Potendo scegliere, ‘incrociandoli’ nei luoghi o nei pressi delle destinazioni di vacanza e viaggio (auguri a chi li farà…), ecco (alcune fra) le occasioni teatrali promosse dalle maggiori rassegne estive e di lì in poi reperibili, ciascuno nelle rispettive tournée, facilmente localizzabili consultando internet.
– La stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma, con inaugurazione il 24 giugno, propone un’inaspettata , dirompente edizione della “Carmen” di Bizet riveduta e corretta dalla stravagante, cosmopolita Orchestra di Piazza Vittorio (regia di Mario Tronco, coreografie di Giorgio Rossi L’idea è di raccontare una storia che si differenzia dal libretto originale non dalla sua non nella sinossi, ma nella psicologia e nella caratterizzazione dei personaggi. Don José ad esempio è un persistente-perdente: rissoso, indomito, commovente (o ridicolo) nella sua pervicacia E in Carmen è la sensualità si fa ancor più sfrontata, provocante, predatoria di un maschilismo inebetito dalla sua stessa sicumere. “Noi vogliamo raccontare altre facce di questi due personaggi,pur continuando a raccontare una storia d’amore”- annota il regista. Prosit!
– Da l Festival delle Colline Torinesi (dopo alcune recite di collaudo) hanno inizio le rappresentazioni di “Operetta Burlesca” con cui Emma Dante (nella foto) conferma le sue finissime doti di regia, esplorando –per innata vocazione “quella zona di malessere esistenziale legata all’identità di genere”. Anonimo femminile in un corpo maschile, il ragazzo Pietro è ‘sintesi, esempio, lacerazione’ di un’interiore,elementare ricerca di identità, in quel marchio di diversità sociale che ne inasprisce l’intimo dolore, che qui è preludio di una possibile ‘sublimazione’,laddove è il più debole a rendersi indispensabile ai suoi (consapevoli, strafottenti) carnefici orbitanti nella più degradata sfera familiare.
– Dal Circuito Teatrale Siciliano cogliamo una futuribile, plausibile rilettura dello stevensoniano “Jeckillk & Hyde” di Eliana Esposito (regia di Rosario Minardi , interpreti: Raffaella Esposito, Giuseppe Carbone, Emanuele Puglia, Salvo Musumeci), nella cui ipotesi drammaturgica – e con additivi degni del famigerato prof. Moebius, teorico dell’omonima sindrome ‘attestante’ l’inferiorità del femmineo- Jeckill è ancora lo scienziato di genio che vuole superare ogni limite e valico della “discriminate naturale”. Però attinente una sorta di profanazione onanistica che mira alla riproduzione mediante ‘evitato accoppiamento con donna’. Ovvero: In una società di uomini ‘soli e onnipotenti’ si vuole ‘spodestare’ la donna della funzione riproduttiva (cui natura l’ha quasi condannata) , mediante un esperimento di partenogenesi cui Jekill offre il suo genio e la sua implicita misoginia. Se non fosse che il suo soffocato emisfero femminile, di nome Virginia…. Con impliciti omaggi ad un lontano romanzo di Ira Levin (“La fabbricca delle mogli”),lo spettacolo si decanta di qualche ironia risolvendosi in apologo scorrevole, non cerebrale di una radicale cognizione ontologica che stigmatizza la riduzione dei ‘generi’ a meri oggetti di mercificazione.
– Napoli Teatro Festival regala quest’anno un Eros Pagni (nella foto in alto) in stato di grazia, protagonista dell’eduardiano “Il Sindaco di Rione Sanità” categorico e struggete nel ruolo di Antonio Barracano, personaggio che veste ‘mostruosamente’, come una seconda, insospettata ‘pelle d’artista’ rianimandolo ‘a tutto tondo’, ma tra con prismatiche sfaccettature psico-comportamentali. Dunque (e con il fondamentale ausilio del regista Marco Sciaccaluga), misurandone le posture, le tonalità, i rimorsi e le vacillanti certezze di un capoclan ‘ormai privo di certezze’, seppur convinto di avere sempre agito per il bene altrui e in soccorso di una ‘moralità’ che –dalle alte sfere- non ha mai esternato campioni di equità verso gli umili e gli ultimi. Napoli come metafora? La sua miseria materiale come ombelico del mondo (e di una lingua remota, gnomica, di cui Pagni si fa oracolo in crisi)? Gran parte degli addetti ai lavori, e del pubblico competete (al debutto del San Ferdinando) affermavano, a fine serata: “questo Sindaco non è inferiore al Marlon Brando del Padrino”. E non era un’infatuazione,una suggestione passeggera….
– Come il “Sindaco” reincarnato da Eros Pagni, anche “Finale di partita” interpretato da Lello Arena, per la regia di Lluis Pasqual (con debutto allo stesso Napoli Teatro Festival), avrà di certo una dettagliata circuitazione invernale che lo renderà accessibile anche a chi a volesse rimandarne l’appuntamento. Che resta comunque un’ipotesi d’incontro beckettiano, probabilmente sopra le righe, ma di indubbia forza propellente, fantasmagorica, intellettiva. Possono nuocere, in verità, impropri paragoni con le memorabili edizioni (stravaganti, inappuntabili) di Carlo Cecchi, Valerio Binasco, Vittorio Franceschi. Poiché Lello Arena, recitante il ruolo di Hamm in italiano ‘emendato’ di debite inflessioni partenopee, può a tratti richiamare più l’effige di Pulcinella che la strenua maschera del teatro dell’assurdo. Ma a costo di negare che il proscenio socio-antropologico delle propaggini di ‘Gomorra’ non sia esso stesso un prototipo inconsapevole, una sommatoria ipertrofica (ricordate “La pelle” di Malaparte?) di tutte le assurdità variegate e insaporite che localizzano ‘in certe terre, in certi luoghi’ le scaturigini del lungo sonno italiano, antecedente e precedete l’avvento della democrazia parlamentare. Vedere per poi discutere….(articolo21.org)
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