L’intervista
MONICA GUERRITORE, “COME ARCOBALENO”
Nel nuovo spettacolo di Peter Quilter, attualmente in tournée
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Riuscire a mantenere la propria identità nella pelle e nell’anima di un’altra donna è operazione non semplice che richiede una grande capacità di introspezione e di immedesimazione. Una diva si guarda allo specchio di un’altra diva, il riflesso dell’una è il riflesso dell’altra. Monica Guerritore chiude in Sicilia il tour del musical “End of the rainbow” di Peter Quilter, portando per la prima volta in Italia un successo internazionale.
Lo spettacolo, diretto da Juan Diego Puerta Lopez, racconta gli ultimi mesi della vita di Judy Garland, la star hollywoodiana morta a 46 anni dopo una carriera costellata da luminosi successi, la donna sempre in bilico fra amori travolgenti e irreversibili cadute nella disperata compagnia di alcol e psicofarmaci.
Una fine tragica come quella di altre dive – Edith Piaf, Whitney Houston, Amy Winehouse – un epilogo amaro che la Guerritore interpreta immettendovi il proprio magnetismo e la propria scrupolosa preparazione, non solo psicologica ma anche fisica, con una full immersion di tre mesi con il coreografo Gino Landi e la vocal coach Lisa Angelillo che l’ha portata ad indossare le inedite vesti di cantante e di ballerina.
Il regista pretende moltissimo da un’attrice che sa generosamente spendersi, rispondendo egregiamente a tutte le sollecitazioni offerte dal testo e soprattutto dal personaggio. Infatti è proprio su di esso che la Guerritore punta il suo sguardo penetrante, perché quando un personaggio è complesso e generoso – afferma l’attrice – allora può regalare al pubblico una complessità e una generosità che in questi anni mancano “al femminile”.
“Le mie donne – spiega con passione – bucano e strappano dal centro la carta patinata e piatta in cui le si ritrae come cartoline anni ‘30 e rivelano spessori, curve, spigoli, che ne fanno materia carnale, umana”.
Tutto questo sulla scena si traduce in una metamorfosi continua, un nascere e morire mille volte, un trascorrere dai toni allegri a quelli drammatici, dall’ebbrezza alla depressione, un’immersione nella bellezza assoluta e poi nell’attonita scoperta dei segni dell’autodistruzione, un impervio attraversamento, insomma, che per la Guerritore è semplicemente il cammino leggero nel proprio talento.
Dalla luce accecante del successo al buio senza confini della disperazione: lei deve portare tutto questo sulla scena in pochissimo tempo, una trasformazione che dovrà avvenire sotto gli occhi del pubblico…una prova difficile…
Dall’arrivo di Judy Garland in scena nella suite del Ritz di Londra con il suo giovanissimo fidanzato e il suo pianista tutto racconta la “diva” scintillante, felice, innamorata, spiritosa e piena di vita. Questa immagine luminosa si accentua ancora di più con i momenti di spettacolo in cui lei canta e balla regalando al pubblico della sala battute e canzoni famose. Questa è Judy Garland che si mostra al pubblico (ricordiamoci che ha cominciato da bambina ed è allenata a questo…) solo in alcuni piccoli cedimenti, via via ci renderemo conto di un’infelicità che affoga nel bere, di una fatica nell’esibirsi che sarà aiutata dalle anfetamine, di una solitudine che solo in alcune canzoni ( Smile , What now my love ) viene drammaticamente rivelata. La sua morte in palcoscenico sulle note di Over the Rainbow commuove allora come una liberazione.
Cosa cerca la Garland nei suoi tanti amori? Cosa non riesce a trovare?
Il palcoscenico dà a questi grandissimi talenti, a queste “stelle luminose” una tale quantità di energia e forza e riconoscimento che li lasciano svuotati nella vita privata. Difficile trovare due grandi braccia che ti accolgano e ti restituiscano calma e tranquillità.
Anche lei è una donna di grandissimo successo. Ha mai avvertito come la Garland la tentazione dell’autodistruzione?
Ho costruito con caparbietà un mondo affettivo, un cerchio magico dove ripararmi quando sono giù dal palco, quando abbandono figure cosi violente e dense (Fallaci, Garland, Carmen) che nel loro allontanarsi ti svuotano. L’ultima cosa che dice la Garland prima di morire è “ho freddo”. Nel mio cerchio magico c’è calore.
Lo scorso anno lei ha cantato con Giovanni Nuti la poesia di Alda Merini nello spettacolo-concerto “Mentre rubavo la vita”. Possiamo affermare che l’incontro con la musica le ha aperto nuovi orizzonti inesplorati?
Lavoro partendo dalla musica da quando ho cominciato la collaborazione con Giancarlo Sepe. Siamo partiti dalla musica e poi dal corpo per raccontare Madame Bovary o Carmen e da quel momento la musica ha indicato il percorso emotivo di tutti i miei “viaggi esplorativi del femminile”. Le percussioni di Sakamoto (Heartbeat) che accompagnavano il suicidio/harakiri di Madame Bovary hanno raccontato al pubblico molto di più di qualunque monologo.
Giovanna d’Arco, Oriana Fallaci, Alda Merini e Judy Garland, sono tutte donne che hanno lottato per un ideale: la Fede, la Giustizia, l’Arte. Per cosa lotta la Guerritore?
Non ho mai pensato a loro come guerriere che portavano avanti una istanza, ma come visitatori della mia immaginazione, grumi di mistero e forza incontrollata fatta di Talento e Fede e il loro ritrovare vita e calore e corpo e anima attraverso le mie membra e la mia voce come un rinnovare i loro talenti, la loro disperazione, la loro fede. A me, solo il compito di provare a liberarne il mistero dai luoghi comuni e dalle pigrizie con cui sono state raccontate, anche un solo minuto di verità… ecco per cosa lotto.
Nel libro “La forza del cuore”, edito nel 2011 da Mondadori, lei ha scritto di “quanto sia difficile onorare il proprio talento”. In che modo lei riesce a farlo?
Non prestando ascolto al mondo. Attenta a non inquinarmi con un contesto mediatico anche artistico di cui intuisco subito la falsità. In un’epoca di “riproduzione” tutto è replica: immagini, pensiero. Sto riparata, studio, lavoro col corpo, educo i miei strumenti di lavoro e lascio spazio vuoto alla mia intuizione. Non ho mai cantato né conosciuto la Garland, eppure ne ho intuito un segreto osservando i filmati di lei per ore e lei è viva in scena. E’ un mistero. Puccini non era mai stato in Giappone eppure Turandot …questo è il talento. Mistero.
Lei suscita molta ammirazione nel pubblico femminile, perché molte donne si identificano nella sua autenticità fisica ed emotiva. E’ una complicità che implica anche una forte responsabilità…
No. Nessuna responsabilità. Sono felice e orgogliosa e alle giovani artiste e donne dico: da questa parte…di qua…C’è un’altra via.
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Tra i prossimi progetti, due sceneggiature di film di due autori e la lettura dei romanzi e racconti italiani per la 52^ edizione del Premio Campiello, nel quale l’attrice è stata nominata presidente della giuria dei letterati.
Lo spettacolo, che nella trasposizione italiana ha gli arrangiamenti musicali di Marcello Sirignano, i costumi di Walter Azzini e le scene di Carmelo Giammello, da domani sarà in scena al Teatro Metropolitan di Catania, per approdare il 3 al Teatro Tina Di Lorenzo di Noto e, dal 4 al 9, al Teatro Biondo di Palermo.