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Enzo NATTA- Neri Parenti, un inventore di gag primordiali (a conclusione della rassegna di Assisi)

 

 

A conclusione della rassegna di Assisi “Primo piano sull’autore”, dedicataquest’anno a Neri Parenti, pubblichiamo(estrapolandolo dal catalogo) un saggio critico di Enzo Natta, che ringraziamo


UN INVENTORE DI GAG PRIMORDIALI

 

Neri Parenti

 

Risate ‘mostruosamente’ censurate

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Se qualcuno dovesse stupirsi, o ancor peggio scandalizzarsi, per il fatto che Neri Parenti è entrato a far parte dell’illustre compagnia che dà lustro al “Primo piano sull’autore” dovrebbe anche ricordarsi che Galeno, filosofo e medico che tra i suoi pazienti annoverò gli imperatori Marco Aurelio e Commodo, dedicò ben 48 opere al lessico e alla struttura della commedia in epoca classica. Ivi compresa quella popolare, senza censure, discriminazioni o steccati di sorta, perché – come diceva Plinio il Giovane – ogni testo ha sempre qualcosa da insegnare in quanto, in un modo o nell’altro, fornisce una testimonianza di vita. E di testimonianze siffatte Neri Parenti non solo ne ha fornite tante, ma potrebbe fornirne ancora di più se la sua opera fosse rivisitata com minor distacco e sufficienza.

Un esempio? Non molto tempo fa il fondo di un diffuso (e solitamente definito autorevole) quotidiano ha tirato in ballo Ennio Flaiano citando Un marziano a Roma. L’occasione era dettata dalle fonti diverse prese in considerazione dall’extraterrestre per documentarsi sullo status di un pianeta per lui sconosciuto: due versioni del tutto inconciliabili fra loro, ovvero il confronto fra  i drammatici dati della crisi economica che il nostro paese sta attraversando e le tranquillizzanti tisane di una classe politica sempre pronta a garantire che la ripresa è dietro l’angolo. Due parametri del tutto contrastanti per il povero alieno che intendeva farsi un’idea precisa sulla situazione di quel lembo del pianeta Terra chiamato Italia. Così agli antipodi da disorientarlo del tutto.

Il problema sarebbe stato facilmente risolvibile azzerando tutto, cifre e parole, sostituiti da una proiezione-maratona dell’opera omnia di Neri Parenti, dalla lunga serie dei Fantozzi alle Vacanze di Natale e derivati, circa una quarantina di film che tracciano un quadro grottescamente satirico, tanto farsesco quanto amaro e veritiero, di un’Italietta sfigata e cafona, provinciale e piccolo-borghese, che affonda le radici in una  mesta realtà sociale fatta di impiegatucci untuosi e servili, ma anche miserabili e tracotanti, di nuovi ricchi arroganti e spocchiosi, furfanti e gaglioffi, parassiti e senza vergogna, nutriti di una cultura a senso unico che non conosce altri consumi se non quello del più basso profilo televisivo. Dissacrante ritratto di un paese che va a rotoli da decenni e senza speranza di riprendersi. Che avrebbe dissipato ogni dubbio in quel viaggiatore dello spazio.

“La verità di don Chisciotte deve sempre fare i conti con quella di Sancho Panza”, scriveva poco tempo fa Claudio Magris. Frase di larghi significati, compreso quello che gli strumenti della sociologia non possono trascurare le indicazioni fornite dalla cultura popolare.

Ecco perché di questa Italietta antropologicamente in bancarotta, primancora che politica e finanziaria, Neri Parenti è stato da una parte lo spietato Maramaldo che nulla le ha risparmiato infierendo a più non posso nella beffa e nello scherno, ma dall’altra anche l’entomologo che ne ha studiato a fondo forme di vita e comportamenti. Se l’arma preferita di Alberto Sordi per mettere alla berlina i vizi dei suoi connazionali era la satira, quella da Neri Parenti è la derisione, ingigantita dall’iperbole catastrofica, da una buffoneria surrealista e da gag che rimodellano il cartone animato su personaggi in carne e ossa. Il tutto alimentato da una comicità carnascialesca, triviale, prosaica e popolare quanto si vuole, ma diversamente “trash”, che attinge ai recessi di un humus ilare e terragno, saldamente ancorato alle stesse origini del nostro teatro e della nostra letteratura.

Nessuna meraviglia dunque se il cinema di Neri Parenti è l’erede diretto, e legittimo, delle prime maschere della nostra storia e della nostra cultura, maschere arcaiche del mondo italico che risalgono alle fabulae atellane e al fescennino. La fabula atellana è la farsa realistica con personaggi ricorrenti (l’ingenuo farlocco, il rompiscatole invadente, il bellimbusto impertinente, la maliarda subdola e intrigante) che anticipano la commedia e che passando prima per Plauto, poi per Boccaccio e infine per la commedia dell’arte arrivano fino a noi; il fescennino accentua invece il suo carattere popolare di origine rusticana e di tono licenzioso con cui si festeggiavano il raccolto e la vendemmia (così come il cine-panettone aiuta a digerire il pranzo di Natale). Ma entrambi hanno proiettato i loro epigoni nel nostro tempo tramite i personaggi di Neri Parenti, i tanti caratteri disegnati da Paolo Villaggio, Christian De Sica, Massimo Boldi e compagnia bella.

La fabula atellana ingentiliva la primitiva rozzezza dell’eredità etrusca  (proprio come nel filone del cinema popolare i film di Neri Parenti hanno ingentilito la rozzezza delle farse di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia), ma il substrato e le tipologie sono i medesimi, ieri come oggi: il play-boy con poca voglia di lavorare e sempre pronto a insidiare le belle fanciulle, il pasticcione cronico, il timido oltre misura, l’imbranato, il dongiovanni impenitente, il marito geloso, l’imbroglione nato. Gli stessi archetipi che, carichi di sarcasmo e di satira sociale, rivivono nella commedia di Neri Parenti.

Dopo il teatro la letteratura, con i novellieri del Trecento (al cui spirito, non dimentichiamo che è fiorentino, Neri Parenti attinge a piene mani). Basterebbe pensare alle Trecento novelle di Franco Sacchetti, alle Novelle di Giovanni Sercambi, al Pecorone di Giovanni fiorentino, tutte imperniate sulle beffe che tipi bizzarri mettono in atto e raccontate con l’arguzia bonaria di chi vuole soltanto divertire. Ma basterebbe pensare  soprattutto alle burle canagliesche che coivolgevano come primi attori Buffalmacco e Calandrino.

Se del tutto ragguardevoli sono le fonti, il linguaggio filmico che le riporta in auge non è del tutto disprezzabile. Anzi! Molto spesso si è parlato di artigianato, sì, ma nel caso di Neri Parenti siamo di fronte a un “maestro artigiano” come specificano i tedeschi con teutonica precisione. E la maestria non si discute, innanzitutto per la garanzia di affidabilità ininterrottamente riconfermata da attori sulla cresta dell’onda come Paolo Villaggio e Christian De Sica, beniamini del pubblico che continuano a mettersi sotto le sue ali protettive nella certezza di proteggere il proprio capitale artistico e professionale; in secondo luogo per la formazione teorica, storica e critica, che a sua volta si è tradotta in un’assicurazione di qualità con la serie Fantozzi e più precisamente   con il ricorso al modello della “slapstick”, quel “bastone piatto” con cui  Arlecchino nella commedia dell’arte o il clown nello spettacolo circense  colpivano o erano colpiti in modo vistoso e frenetico. Un trionfo del movimento e della gestualità, capostipite di sgambetti e torte in faccia dilagati poi nella “slapstick   comedy” con Mack Sennett e Chaplin, in barba a tutte le regole attraverso una continua distruzione scenica e un assurdo che consente di sfuggire alle leggi della verosimiglianza. Dai Keynstone Cops, i buffi poliziotti sulle loro sgangherate automobili ai tempi del muto, ai fratelli Marx, da Hellzapopping, summa di tutte le distruzioni poetiche della comicità, ai duetti irresistibili tra Fantozzi e Filini.

Da questi strumenti scenici Neri Parenti non si è mai allontanato e, pur sulla base di scenegguiature frettolose, tempi stretti e improvvisazioni suggerite dal momento, ha sempre dimostrato di saper mettere la prua al vento e  governare la velatura. Anche nei momenti più difficili. Tanto da far scrivere a Morando Morandini, non certo tenero con chi pratica la dei film che fa” in quanto “sa inventare le gag comiche e dar loro i tempi giusti”.