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Danilo AMIONE- L’ultima visione di Kubrick (la moviola del tempo, “Eys wide shut”)

 

 

La moviola del tempo



L’ ULTIMA VISIONE DI KUBRICK

Rileggendo “Eyes wide shut”

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“Eyes wide shut” ovvero “Occhi spalancati chiusi”,un ossimoro. Una semplice contraddizione,in parole. In immagini certamente qualcosa di più,perché a regalarcele è Stanley Kubrick,ovvero il cinema vissuto in apnea, per rivelare fino all’ultimo respiro-fotogramma ciò che la realtà deve per sua natura nasconderci. Una coppia sposata, la gelosia, la relativa sofferenza. Trama esile,dunque,come sempre in Kubrick, fino alla fine, fino a questo splendido finale di partita datato anno 1999(quello stesso della sua scomparsa). Perchè il tutto, la sua grandezza,sta soltanto nei modi, nella forma che si fa contenuto, a dismisura, senza mai esaurirsi. Nei modi di vedere di chi ha giocato con le immagini come un bambino su un’impalcatura. E i rischi di cadere per Kubrick sono stati molteplici perché molteplice è la storia dell’uomo e del suo essere che egli ci ha raccontato.

Così, dopo averne scandagliato la paura (“Fear and desire”,’53;”Il bacio dell’assassino”,’55;”Rapina a mano armata”,’56), l’aggressività (da“Orizzonti di gloria”,’57,a“Full metal jacket”,’87, passando per “Il dottor Stranamore”,’63,e”Arancia meccanica”,’73), la sete di giustizia e libertà (“Spartacus”,’60), l’origine ed il destino (“2001 Odissea nello spazio”,’68), il desiderio  e l’ambizione (“Lolita”,’62;”Barry Lyndon”,’75), la follia (“Shining”,’80), Kubrick è approdato all’ultimo confine dell’agire umano,l’erotismo. L’ultima soglia,  che egli decide di varcare,artisticamente, soltanto in età matura, quando tutto è già stato vissuto e l’arte è adesso libera di inseguire la vita e viceversa. La vita è quella di William Harford (Tom Cruise),medico,e di sua moglie Alice (Nicole Kidman). Alter ego, entrambi,dei protagonisti di quel “Doppio sogno” schnitzleriano in cui Freud vedeva espresse molte  sue teorie e che Kubrick utilizza fedelmente come fonte ispiratrice. L’arte è la solitudine di marito e moglie al disvelarsi dell’adultero sogno erotico di lei.

Il dottor Harford esce di casa turbato, e in una sola notte avverte ciò che fino a quel momento non doveva essere avvertito. La paura del piacere, il piacere inevitabile dell’esserne coinvolti,l’impossibilità di uscire dalla prigione della consapevolezza. Il suo essere medico lo ha già portato,in precedenza,a prestare soccorso ad una prostituta in overdose, ed a subire un tentativo di seduzione  dalla figlia di un suo paziente deceduto, nella stessa camera da letto dove questi ancora giace per la veglia notturna. Sesso e morte,Eros e Thanatos,dunque, fin dalle prime battute del film, quasi a fissarne le coordinate entro le quali sarà impossibile non muoversi. E sono queste sequenze che ci trascinano a forza nella villa in cui Harford, solo e mascherato come l’occasione richiede,riesce clandestinamente ad introdursi, nel suo vagare metropolitano alla ricerca di un significato da dare al sogno della moglie. La villa , l’orgia che segretamente vi si svolge,l’inconoscibile. Come dire i punti cardinali di un movimento vuoto e senza meta. Scoperto come intruso, Harford rischia la vita, ma quella stessa prostituta che egli in precedenza aveva salvato, e che alla villa è una delle “sacerdotesse” dell’orgia, si offre di morire al suo posto. O, forse, in un film che vive di incognite e ambiguità quanto la realtà, ella interpreta solo una messinscena della quale rimarrà,comunque, vittima.

Sarà vano il tentativo che Harford farà di scoprire ciò che si nasconde dietro quell’omicidio e quel modo di vivere il sesso fino all’estremo. Ed, invece, sarà proprio il parallelo vivere fra il misterioso sogno erotico della moglie ed il nulla che emerge dalle sue indagini intorno alla villa a convincerlo, e noi con lui, che l’esperienza totalizzante dell’erotismo è un tunnel di cui si conosce solo l’ingresso(anche quello metaforico della villa), non esistendo l’uscita(Jung docet).Il finale, con la coppia a far shopping con la figlioletta in un supermercato dalle luci accecanti, quasi ad imbiancare lo schermo e ad annullare l’immagine incapace di cogliere una sola verità, chiude magistralmente la straordinaria avventura artistica di Kubrick, giunto appena in tempo a regalarci, fra mille peripezie,compresa la sua improvvisa scomparsa(il film è infatti  uscito postumo) un ultimo illuminante sguardo sull’Uomo.